3 - La triade: manteniamola stabile

 

acropora tenuis - ©Marco Paci 


La triade

Manteniamola stabile



Introduzione

Nei primi due articoli del corso abbiamo visto perché è importante mantenere stabile la triade e anche le interazioni e le informazioni che possono essere estrapolate incrociando i dati. Adesso prendiamo in esame la parte più pratica, ovvero come posso fare per mantenere stabile la triade?

Questo è sempre stato il quesito che si pone l’acquariofilo da quando alleva coralli dell’ordine scleractinia. Infatti i consumi di carbonati/bicarbonati, calcio e magnesio sono direttamente proporzionali al quantitativo di coralli duri che ritroviamo in vasca e al loro tasso di crescita.

La stabilità di tali elementi in acqua è molto importante oltre alla necessità di evitare lo “swelling”, ovvero le oscillazioni di tali valori e in particolar modo quello del KH. Possiamo sicuramente affermare che il KH dovrebbe essere, se non il primo, uno dei primi parametri da misurare e stabilizzare in vasca. E’ ormai conosciuto che oscillazioni di KH (o durezza carbonatica), portano inevitabilmente a tiraggi dei coralli duri. 



Metodi di integrazione

Sin dagli albori dell’acquariofilia marina, cerchiamo un sistema che permetta di integrare la triade senza creare controindicazioni e che sia facilmente gestibile.

Con il passare degli anni sicuramente lo sviluppo tecnologico ha fornito un grosso aiuto ma comunque ad oggi non esiste ancora un metodo che sia totalmente privo di controindicazioni o per meglio dire privo di particolari accorgimenti.

Il primo metodo utilizzato è stata l’integrazione manuale tramite il dosaggio di sali di calcio e bicarbonati. In seguito, con l’avvento della tecnologia, abbiamo ricercato metodi automatici e sono nati il reattore di kalkwasser, il reattore di calcio e il metodo balling. Nei paragrafi successivi li andremo a vedere nel dettaglio.


L’integrazione manuale

E’ in assoluto il primo approccio che l’acquariofilo ha tentato per integrare e mantenere le concentrazioni di calcio e KH in acquario.

Ora è bene precisare che il metodo più semplice per reintegrare sia calcio che carbonati è quello di inserire un sale composto esattamente da questi due elementi, quindi parliamo proprio di

carbonato di calcio (CaCO3) comunemente chiamato “calcare”, sfortunatamente questo sale è praticamente insolubile ed è proprio questa sua caratteristica che permette ai nostri coralli di costruirsi il loro esoscheletro (vedi 1° articolo di questo corso).

Per questo motivo l’acquariofilo ha dovuto dirottare all’utilizzo di un altro sale. Tra i primi utilizzati rientra sicuramente l’idrossido di calcio Ca(OH)2 che, tramite la sua dissoluzione in acqua, ci offre quella che da sempre viene chiamata “acqua calcarea” (in tedesco “kalkwasser”).

Ma come funziona? Questo sale è composto da calcio ma non da carbonati, quindi come posso reintegrare quest’ultimi?

Per rispondere a queste domande dobbiamo analizzare la reazione chimica che avviene durante le fasi di dissoluzione in acqua, che risultano essere:

Ca(OH)2 -> Ca++ + 2 OH-

A questo punto il calcio è già in forma ionica e quindi disponibile mentre non ho ancora la parte carbonatica accessibile e per questo devo attendere e farla reagire con la CO2 normalmente disciolta in acqua, grazie alla seguente reazione:

2 OH- + CO2 -> CO3- + H2O

Il metodo di preparazione consiste nel disciogliere, o meglio, nel creare una dispersione di questo sale, in un flacone di acqua osmosi e successivamente dosarlo in vasca con le dovute precauzioni.

Parliamo di “dispersione” in acqua di questo sale poiché la solubilità risulta essere di solo 1,7 grammi per litro di soluzione e, visto il suo forte colore bianco, questa soluzione viene anche chiamata “latte di calce”. 


Latte di calce photocreditweb ©reef builders


Questa soluzione deve essere periodicamente agitata per permettere la sua massima dissoluzione e lasciata in quiete per poterla dosare. In vasca dovrà essere aggiunta solo la parte chiara surnatante e come sostituzione parziale alla normale acqua di reintegro evaporazione.

La somministrazione di acqua calcarea necessita di un dosaggio almeno giornaliero, agitazione periodica e monitoraggio del pH in vasca poiché la natura dell’idrossido di calcio è di un sale fortemente alcalino che potrebbe innalzare eccessivamente il pH in

vasca, azzerare la concentrazione di CO2 disciolta e anche di far precipitare come idrossidi altri elementi presenti in acqua.

Ultimamente e con l’avvento di altre tecnologie questa soluzione è caduta in disuso e l’unica integrazione che viene eseguita manualmente con i cosiddetti “buffer” ovvero Sali di calcio, magnesio e bicarbonati che hanno l’obbiettivo di innalzare la triade con sali facilmente solubili senza il rischio di un eccessivo incremento del pH.

Questi buffer hanno però la particolarità di immettere anche un controione che non viene consumato dalla vasca, e con l’uso intenso e prolungato, andrebbe incontro a quello che viene chiamato “squilibrio ionico”, ma di questo particolare fenomeno ne parleremo meglio nel 4° ed ultima parte del corso.


Il reattore di kalkwasser

La continua necessità di reintegro della triade ha spinto l’acquariofilo ad automatizzare la somministrazione e quindi nasce il reattore di kalkwasser che rappresenta l’automazione del metodo manuale descritto prima.

Il principio è esattamente lo stesso: viene aggiunta un’aliquota di sale Ca(OH)2 in un contenitore provvisto di pompa o agitatore che periodicamente agita il sale e crea il latte di calce. Nella parte inferiore del reattore viene immessa, tramite una pompa, dell’acqua osmosi mentre nella parte superiore avremo l’overflow del liquido surnatante che viene dosato lentamente in sostituzione parziale dell’acqua di reintegro di evaporazione. 


Schema reattore kalkwasser photocreditweb ©bulk reef supply


Il sistema necessità delle principali e stesse considerazioni del sistema manuale. Infatti i rischi di sovradosaggio, eccessivo innalzamento del pH, rischi di precipitazioni di altri composti (tra cui anche precipitazione di sali di fosfato con conseguente decremento di questa molecola) sono esattamente gli stessi del metodo descritto nel paragrafo precedente. Inoltre tale metodo

necessita di frequenti e periodiche manutenzioni oltre a lavaggi con acqua calda di tutte le componenti in quanto è molto facile che si creino occlusioni nelle tubazioni.

Tutto il sistema è dosato in parziale sostituzione dell’acqua osmosi, pertanto non è possibile aggiungere “acqua calcarea” in quantità superiore al fabbisogno di acqua osmosi di reintegro anche considerando le fluttuazioni che questi consumi hanno durante tutto l’anno.

Dall’altra parte del piatto della bilancia abbiamo un metodo che se ben fatto, è ben bilanciato e non porta squilibrio ionico o innalzamento del quantitativo totale di sali disciolti nella nostra vasca in aggiunta al vantaggio dei bassi costi di gestione.


Il reattore di calcio

Nel paragrafo precedente, abbiamo ammesso che il miglior sale da reintegrare sarebbe esattamente lo stesso che viene consumato e quindi il ripristino diretto di CaCO3 (calcare). Però abbiamo anche affermato che questo è reso impossibile dalla sua bassa solubilità.

In realtà esiste un metodo per portare in soluzione questo sale ed è esattamente il principio che sfrutta il reattore di calcio.

Andiamo a vederlo meglio in dettaglio.

Tutti noi sappiamo che per pulire parti della tecnica incrostate da alghe coralline è necessario immergerli in un acido (anche l’aceto ha una certa acidità). Tanto più forte è l’acido, tanto prima il pezzo risulterà pulito e tante più bolle vedremo svilupparsi dalle incrostazioni. Questo perché la reazione che avviene è la seguente:

CaCO3 + 2H+ -> Ca++ + CO2 + H2O (a)

Dove l H+ è fornito dall’acido che è necessario per far avvenire questa reazione e quindi ottenere i prodotti di reazione:

  1. 1)  calcio ionico che passa in soluzione;

  2. 2)  sviluppo di anidride carbonica che sono esattamente quelle

    bollicine che vediamo crearsi partendo proprio dalle

    incrostazioni.

  3. 3)  acqua

Quindi per dissolvere direttamente del carbonato di calcio occorre acidificare la soluzione in cui questo è immerso diminuendo il pH.

Dato che la soluzione di partenza è l’acqua di mare (pH tra 8,0 e 8,4) dobbiamo trovare un metodo per acidificare questa soluzione.

Uno dei metodi più semplici e con meno controindicazioni è di sfruttare la reazione di acidificazione data dalla solubilizzazione dell’anidride carbonica in acqua, che possiamo cosi riassumere:

CO2(gas) -> CO2(soluzione)
CO2(soluzione) + H2O -> H2CO3
H2CO3 -> H+ + HCO3-
H+ + HCO3- + CaCO3(aragonite) -> Ca++ + 2HCO3-

Le reazioni vanno lette in sequenza e in modo concatenato fino all’ultima. In questo modo siamo riusciti ad ottenere il passaggio forzato in acqua sia di calcio che di KH, subito assimilabili dai nostri coralli.

Interessante da notare, che il “pilota” in queste reazioni è il pH e che questo deve essere sempre in difetto rispetto al media di aragonite o altro poiché altrimenti la reazione continuerebbe ad andare avanti sino ad arrivare alla reazione (a) ovvero quella che abbiamo visto per la pulizia da incrostazioni della tecnica, e che possiamo anche indicare cosi:

Ca++ + HCO3- + H+ -> Ca++ + CO2 + H2O

In questo caso abbiamo portato in soluzione il calcio ma non il KH in quanto la maggior parte di carbonati/bicarbonati sono degasati in atmosfera sotto forma di anidride carbonica.

Descritta la parte prettamente teorica, vediamo lo schema di un reattore di calcio: 



Schema reattore di calcio photocreditweb © reef.diesyst.com


Di fondamentale importanza è la regolazione dell’acidità in quanto è il motore di tutto il sistema ecco il motivo perché si predilige un sistema automatico di controllo pH che comanda l’apertura e l’iniezione di anidride carbonica.

Il sistema ha sicuramente come vantaggio quello di disciogliere esattamente i costituenti dello scheletro corallino e quindi riportando in soluzione esattamente tutti i componenti necessari al loro fabbisogno e in modo bilanciato.

Gli aspetti negativi sono un sistema che deve essere monitorato periodicamente e che dobbiamo mantenerlo pulito per evitare occlusioni.

In aggiunta, occorre porre attenzione alla quantità di CO2 che rimane non reagita in quanto potrebbe acidificare eccessivamente tutta la vasca. Esattamente come per il reattore di Karlwasser, questo metodo non reintegra oligo-elementi e elementi traccia che vengono consumati dal metabolismo dei coralli e che non si calcificano nello scheletro.

Altro particolare degno di nota è sicuramente la qualità del media scelto per il riempimento, in quanto potrebbe apportare elementi non desiderati come fosfati o altro.


Il metodo balling

Ultimo nato è senza alcun dubbio il metodo balling, che prende il nome dal suo ideatore Hans-Werner Balling che nel 1994 pubblicò quello che ad oggi è probabilmente il metodo più diffuso per mantenere stabile la triade, anche se nel corso degli anni ha subito varie modifiche rispetto al metodo originale.

Infatti questo sistema è nato sull’integrazione sia di calcio che di carbonati con i suoi sali più comuni e con sufficiente solubilità, ovvero il bicarbonato di sodio e il cloruro di calcio. Adesso vi starete chiedendo cosa c’è di così particolare? Non è il classico metodo di aggiunta manuale tramite buffer? Si esatto la risposta a quest’ultima domanda è affermativa, ma la vera innovazione è la simultanea aggiunta anche tutti gli altri elementi normalmente presenti in acqua di mare, tranne il cloruro di sodio, contenuti nel terzo flacone.

Il motivo è molto semplice, ovvero mentre il calcio e i carbonati/bicarbonati sono assimilati dai nostri coralli, il controione dato da questi Sali (ovvero sodio e cloruro) rimane in forma ionica libero in acqua e questo a lungo andare porta ad un aumento della salinità ma solo come NaCl e quindi non come “acqua di mare”.

Per ovviare a questo, Balling ha ideato l’aggiunta di un “sale di mare privo di NaCl” che ha la funzione di mantenere l’equilibrio ionico, ovvero i corretti rapporti con tutti gli altri elementi normalmente presenti nell’acqua marina.

Infatti questo sistema non impedisce un aumento della salinità nel tempo ma semplicemente di mantenere stabile la corretta composizione dell’acqua di mare e quindi un buon rapporto in termini qualitativi. Mentre per mantenere stabile la concentrazione in PSU della salinità, sarà sufficiente sostituire sporadicamente parte di acqua della vasca con acqua osmosi. 



Principio del balling photocreditweb ©tropic marine


Ecco quindi spiegata la motivazione per cui l’uso prolungato e continuo di integratori (buffer singoli) è sconsigliato, ma di questo e dello squilibrio ionico ne parleremo meglio nell’ultima parte del corso.

Come accennato ad inizio paragrafo, nel corso degli anni il balling ha subito numerose copie e aggiustamenti, tra cui quello di sostituire alcuni sali con altri che permettevano un balling più concentrato; l’aggiunta di alcuni sali che non entrano direttamente nella costituzione scheletrica ma che sono consumati dal loro metabolismo e anche la composizione mirata dei vari flaconi costituenti il balling, in modo da dosare in volume equo i vari composti monitorando unicamente il KH.



Bibliografia

Intero articolo a cura di ©Marco Paci

attribuzione foto:

Latte di calce photocreditweb ©reef builders

Schema reattore kalkwasser photocreditweb ©bulk reef supply 

Schema reattore di calcio photocreditweb © reef.diesyst.com 

Principio del balling photocreditweb ©tropic marine 



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